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martedì 25 novembre 2008

ESPERIMENTI DI ELETTROCHIMICA

Nel 1791 Luigi Galvani scoprì l'elettricità nei nervi di rane che dissezionava. Pensava che l'elettricità fosse di origine animale e che si potesse trovare solo nei tessuti viventi. Pochi anni dopo, nel 1800, Alessandro Volta scoprì che l'elettricità poteva essere prodotta anche con mezzi inorganici. Infatti, utilizzando piastrine di rame e di zinco e tessuto imbevuto di soluzione acida, egli costruì una pila, il primo apparecchio in grado di produrre elettricità. Ci fu subito chi profetizzò che tanto l'elettricità non sarebbe mai servita a niente. Invece, l'elettricità ha avuto un grande successo e l'elettrochimica viene ora insegnata anche nelle scuole.

Ascoltando le lezioni di elettrochimica, molti ragazzi si saranno chiesti perchè mai sia stata inventata questa materia, se proprio fosse necessario inventarla, se il mondo non avrebbe potuto funzionare altrettanto bene senza. Con i piccoli esperimenti che presentiamo, intendiamo far fare la pace tra questi studenti e l'elettrochimica. Infatti, per mezzo di qualche semplice e divertente esperimento è possibile capire alcuni fondamentali concetti di elettrochimica senza doversi concentrare più di tanto. Come potrete vedere, molti di questi esperimenti si prestano ad essere eseguiti in forme diverse. Non è necessario farli tutti, ma potete anche realizzarne uno solo.

VASO POROSO - Per alcuni di questi esperimenti è necessario un vaso poroso. Purtroppo non è facile procurarsi questo componente. Il vaso poroso serve ad ostacolare il mescolamento delle soluzioni, pur permettendone il contatto elettrico e quindi lo scambio di ioni. Per realizzare vasi porosi, potete impiegare del cellophane che potrete comperare presso una cartoleria. Il cellophane è una membrana semipermeabile molto adatta per questo scopo. Fate attenzione perchè non tutte le pellicole trasparenti sono di questo materiale, ma molto spesso sono prodotte con plastica. Questi due materiali si distinguono facilmente facendovi cadere sopra qualche goccia d'acqua, il cellophane si deforma leggermente e passando una mano dall'altra parte potete avvertire l'umidità, mentre la pellicola di plastica non si deforma e non lascia passare umidità. Con un foglio di cellophane, realizzate un cilindro e incollatelo con silicone al fondo del vaso principale, in modo che non lasci passare liquido da fessure. Anche un semplice foglio di carta può essere utilizzato per realizzare vasi porosi, come indicato dalla figura 5. Una parete costituita da un solo strato di carta è troppo permeabile, realizzate quindi il cilindro con tre strati di carta.

ACQUA DISTILLATA - Non utilizzate acqua deionizzata, come quella per il ferro da stiro, che spesso viene venduta come acqua distillata. Comperatela invece in farmacia. Che differenza c'è fra l'acqua deionizzata e quella distillata? Numerose sostanze sono solubili in acqua. Solo alcune di queste sostanze si dividono in ioni positivi e negativi quando vengono poste in acqua. In genere si tratta di quelle le cui molecole hanno un legame prevalentemente ionico, le altre molecole restano intere. Per esempio, lo zucchero si scioglie nell'acqua, ma le sue molecole non vengono scisse in ioni. Nell'acqua deionizzata, possono quindi essere presenti molecole di composti non ionici, ma ugualmente solubili in acqua. Inoltre, se questo tipo di acqua non è stato preparato bene, può contenere quantità significative di ioni. Nell'acqua distillata, sono presenti praticamente soltanto molecole d'acqua.

DOVE PROCURARE I MATERIALI - Potete acquistare i prodotti chimici presso un negozio di forniture per laboratori. Potete trovare questo tipo di negozi nelle vicinanze delle università. Alcune drogherie e alcune ferramenta sono disponibili a procurare alcuni prodotti chimici. Potete acquistare lamine di rame e di zinco presso un rivenditore di metalli. Potete anche rivolgervi presso un artigiano che lavora lamiere di questi metalli per ottenere qualche ritaglio. Per esempio, potete rivolgervi ad un installatore di grondaie e a una ditta che effettua zincature. Per alcune prime prove potete provare ad usare un chiodo o una vite zincata, inoltre non dovrebbe essere difficile trovare un pezzetto di rame o di ottone.

CATODO ED ANODO - Nel corso di questi esperimenti, si parlerà spesso di catodo ed anodo. Come potrete notare, in alcuni casi al catodo è stata assegnata la polarità positiva, in altri quella negativa. Questo si spiega tenendo presente che il catodo è l'elettrodo sul quale avviene una reazione di riduzione. Nel caso di una pila, la riduzione si produce spontaneamente e consuma elettroni, quindi il catodo è il polo positivo. Nel caso di una cella elettrolitica, la riduzione viene forzata fornendo elettroni, quindi il catodo è il polo negativo. Da parte sua, l'anodo avrà in ciascun caso polarità opposta rispetto al catodo.

SOLUZIONI (IMPORTANTE!) - La diluizione di acidi è un'operazione pericolosa. Inserendo acqua in un acido concentrato, avvengono esplosioni che vi provocheranno gravi ustioni. E' necessario invece versare l'acido nell'acqua. Se avete bisogno di diluire un acido, chiedete l'aiuto di un chimico. Anche durante la realizzazione delle soluzioni di solfato di rame e di zinco, inserite il sale nell'acqua e non l'acqua nel sale.

ALTRE PRECAUZIONI - Non toccate direttamente i prodotti chimici con le mani. Non metteteli in bocca e non ingeriteli. Non respirate eventuali vapori. Non conservate le soluzioni in bottiglie per acqua potabile e non lasciatele sui tavoli di casa perchè potrebbero essere scambiate per bevande. Conservate questi composti e le loro soluzioni in luoghi diversi da quelli dove si conservano gli alimenti, fuori dalla portata dei bambini, e mettete delle etichette sui contenitori che indichino chiaramente il contenuto e la pericolosità delle sostanze.

I CONDUTTORI

Materiali:

- una pila
- una lampadina con portalampade
- tre cavi con morsetti a coccodrillo
- un bicchiere o beker
- acqua distillata
- due elettrodi dello stesso metallo (es. rame)
- sale da cucina (NaCl)
- un tester

Per mezzo dei materiali indicati, realizzate il montaggio di figura 1. Come vedete, in questo schema abbiamo lasciato una interruzione, la corrente elettrica non passa e la lampadina è spenta. Ora, provate a chiudere questa interruzione utilizzando una penna di plastica, oppure una gomma per cancellare, un pezzo di ceramica, etc.

Vedrete che quando utilizzerete un metallo, la lampadina si accenderà. Questo avviene perchè i metalli sono ottimi conduttori di elettricità, mentre la plastica, la gomma e la ceramica non conducono. Potete anche provare la mina di una matita. Vedrete che la lampadina farà più o meno luce, a seconda che utilizzerete un pezzo di mina corto o lungo. Questo avviene perchè la grafite, pur essendo un conduttore, oppone una certa resistenza al passaggio delle cariche. In base a questo esperimento, possiamo distinguere i materiali solidi in conduttori e non conduttori, o isolanti. Esistono inoltre molti materiali che possiedono proprietà intermedie, come la grafite.

Che cosa dire dell'acqua? Modificate il circuito precedente in modo da poter saggiare la conduttività dell'acqua (fig. 2). Come rivelatore di corrente elettrica, al posto della lampadina, questa volta utilizzate un tester. Questo strumento è più sensibile e vi permette di fare delle misure. Regolate il tester sui µA. Provate ora a chiudere il circuito con l'acqua distillata. A tale scopo, immergete gli elettrodi nell'acqua distillata. Evitate che le lamine si tocchino e fissatele ai bordi del recipiente. Il tester dovrebbe indicare il passaggio di una corrente debolissima. Questa corrente è dovuta alla presenza di ioni H + e OH- prodotti dalla dissociazione/ricomposizione spontanea di molecole d'acqua. La quantità di molecole dissociate in un dato momento è comunque molto piccola. Per questo motivo, la conduttività dell'acqua distillata è molto bassa. Ora, prendete un granello di sale da cucina e gettatelo nell'acqua. Con una bacchetta di vetro o di plastica, mescolate la soluzione. Mano a mano che il cristallo si scioglierà, vedrete l'indicatore del tester spostarsi notevolmente, segnalando un aumento della conduttività della soluzione. Per fare questo esperimento, potete anche fare a meno della pila e regolare il tester sulla scala degli Ohm (in questo caso, utilizzerete la pila interna dello strumento).

Che cosa è successo? Perchè il sale ha aumentato la conduttività dell'acqua? Il sale da cucina è formato da molecole di cloruro di sodio (NaCl). L'acqua non si limita a sciogliere le molecole del sale, separandole l'una dall'altra, ma divide anche ogni molecola nei due atomi che le costituiscono. Però, dal momento che il sodio possiede un elettrone debolmente legato, mentre il cloro lo attira fortemente per completare la corteccia elettronica esterna, il sodio cede stabilmente l'elettrone al cloro. In questo modo, il sodio diventa elettricamente positivo e il cloro negativo. Essi sono diventati degli ioni. Le molecole di sali, acidi e basi sciolti in acqua, ionizzano, si dissociano cioè in particelle di carica opposta. Sono proprio gli ioni che rendono l'acqua conduttrice. Infatti, gli ioni positivi vengono richiamati dall'elettrodo negativo e viceversa. Nel nostro esperimento, gli ioni Na+- hanno reso conduttrice l'acqua distillata. Una soluzione conduttrice si definisce anche elettrolita. Non solo l'acqua, ma anche altri liquidi sono capaci di ionizzare sostanze che vengono poste in soluzione. e Cl

Se mettete altri granelli di sale in acqua, vedrete l'ago indicare un passaggio di corrente superiore. Infatti, la conduttività di una soluzione è proporzionale alla sua densità di ioni.

Fate la stessa prova, utilizzando un acido, per esempio aceto. Fate cadere alcune gocce di aceto in acqua distillata, mescolate e osservate l'ago del tester. Fate la stessa cosa impiegando una base, per esempio una soluzione di ammoniaca. Confrontate anche la conduttività dell'acqua di rubinetto rispetto a quella dell'acqua distillata. Come potete osservare, l'acqua di rubinetto è un buon conduttore di elettricità. Per questo motivo, dovete stare molto attenti a non utilizzare apparecchi elettrici quando avete le mani bagnate. Molti incidenti mortali avvengono utilizzando asciugacapelli in questo modo.

Confrontando i conduttori solidi con quelli liquidi, potete notare che, mentre in un filo metallico la corrente passa senza trasportare atomi nè causare reazioni chimiche, il passaggio di corrente in un elettrolita consiste nel movimento di ioni e agli elettrodi si hanno reazioni chimiche. Tra l'altro, queste reazioni tendono a polarizzare gli elettrodi. A causa di questo fenomeno, le pile tendono ad esaurirsi e le misure di conduttività dell'acqua, realizzate con il nostro dispositivo, subiscono una deriva. Nei misuratori di conduttività dell'acqua, gli elettrodi sono realizzati con metalli non ossidabili e vengono alimentati con corrente alternata a bassa tensione.

Come fanno i metalli a condurre l'elettricità se non possiedono ioni che si spostano? Nei metalli, si spostano gli elettroni. Infatti nei metalli, tutti gli atomi condividono gli elettroni più esterni delle loro cortecce elettroniche. Tali elettroni sono liberi di muoversi lungo tutto il pezzo metallico. Se, per mezzo di una differenza di potenziale, vengono forniti degli elettroni da una parte, possono essere raccolti dall'altra e all'interno del metallo ci sarà una corrente elettrica.

I l passaggio di elettroni in un conduttore produce un aumento delle oscillazioni degli atomi del reticolo cristallino. Questo corrisponde ad un aumento della temperatura del materiale (effetto joule). Questo fenomeno viene sfruttato per produrre luce nelle lampadine. Infatti, la corrente di elettroni che attraversa il filamento delle lampadine è abbastanza intensa da produrre l'innalzamento della temperatura di alcune migliaia di gradi. A quella temperatura, il filamento emette una luce intensa.

Perchè i materiali plastici, le gomme e le ceramiche non conducono elettricità? Questo dipende dal tipo di legame chimico, chiamato covalente, che tiene insieme gli atomi di questi materiali. A differenza dal legame metallico, il legame covalente non consente il movimento degli elettroni lungo tutto il pezzo. Gli elettroni vengono scambiati solo fra gli atomi della singola molecola e non sono liberi di muoversi fra le molecole. Non potendoci essere spostamento di elettroni, nè tantomeno movimento di ioni perchè il materiale è solido, non può neppure esserci un trasporto di cariche elettriche.

Prima abbiamo parlato di isolanti e di conduttori. In realtà anche gli isolanti, per quanto poco, qualcosa possono condurre specialmente se hanno uno spessore sufficientemente piccolo e se sono sottoposti ad alte tensioni. Quindi, tutti i materiali vengono considerati conduttori, ma è necessario conoscere la conduttività elettrica di ognuno di essi.

Al termine di questo esperimento, avete visto che alcuni materiali solidi (es: metalli) possiedono una conduttività elettrica maggiore di altri (es: gomme, plastiche, ceramiche). Anche i liquidi possono essere più o meno conduttori di elettricità. Mentre la conduttività di un solido è dovuta al movimento di elettroni nel reticolo cristallino, quella di un liquido è dovuta al movimento di ioni.

LE PILE
LA PILA AL LIMONE

Materiali:

- un limone
- una lamina di rame
- una lamina di zinco
- un tester
- due cavi con morsetti a coccodrillo
- un termometro o un orologio a cristalli liquidi

Rotolate il limone schiacciandolo un po', in modo da rompere una parte dei sacchetti di acido. Piantate le due lamine metalliche dentro al limone, evitando che si tocchino fra loro. Con il tester, misurate la tensione che si produce fra le lamine (figura 3). Il valore di questa tensione sarà di circa 1 volt.

A questo punto, sarebbe bello accendere una lampadina per mezzo della pila che avete appena costruito. Purtroppo, la potenza prodotta è troppo bassa. Se provaste a collegare una lampadina, la tensione della pila al limone cadrebbe immediatamente a zero. Tuttavia, se volete dimostrare che la corrente elettrica prodotta dalle pile può effettivamente far funzionare qualcosa, prendete un piccolo strumento che abbia un display a cristalli liquidi. Un orologio o un termometro vanno bene. Infatti, un display a cristalli liquidi ha un assorbimento di corrente estremamente ridotto e la vostra pila sarà in grado di farlo funzionare. Togliete dunque la pila dell'orologio o del termometro e alimentateli con la pila al limone. Vedrete tornare le cifre sul il display. Questo sistema vi permette di dimostrare la produzione di energia elettrica da parte della pila, anche se non possedete un tester.

Come funziona questa pila? Gli atomi di rame (Cu) attirano gli elettroni verso di sè con una forza maggiore di quanto non facciano gli atomi di zinco (Zn). Se mettete a contatto un pezzo di rame con un pezzo di zinco, molti elettroni passeranno dallo zinco al rame. Concentrandosi sul rame, questi elettroni tendono però a respingersi. Quando il potenziale di repulsione diventa pari a quello con il quale il rame richiama gli elettroni dallo zinco, questo trasferimento si arresta. Purtroppo non è possibile sfruttare il contatto di queste due lamine per produrre energia elettrica perchè il trasferimento di cariche si arresta immediatamente. Invece, se inserite queste due lamine in una soluzione conduttrice e le collegate esternamente con un filo metallico, le reazioni che avvengono agli elettrodi riforniscono il circuito di cariche. In questo modo, il processo di produzione di energia elettrica continua e diventa utilizzabile.

Come soluzione conduttrice, potete prendere qualsiasi elettrolita, quindi una soluzione acquosa di un acido o di una base o di un sale. La pila al limone funziona proprio perchè il succo di limone è acido. Fate prove anche con altre soluzioni conduttrici. Come sapete, anche altri frutti e ortaggi possiedono al proprio interno succhi ricchi di ioni e che sono quindi dei conduttori elettrici. Non siete quindi obbligati a utilizzare limoni per fare questo tipo di pila, ma potete fare pile con ogni frutto od ortaggio che volete.
Come ogni batteria, anche questa ha una durata limitata. Infatti, dopo poco tempo, sugli elettrodi di questa pila avvengono delle reazioni chimiche di un altro tipo che li polarizzano ed impediscono alla reazione di proseguire. La forza elettro-motrice (fem) cala e la pila non funziona più. Normalmente, quello che avviene è una produzione di idrogeno sull'elettrodo di rame e sull'elettrodo di zinco si formano dei composti di ossidazione che ostacolano il contatto tra il metallo e l'elettrolita. A questo punto, si dice che gli elettrodi sono polarizzati. Per ottenere una maggiore durata della pila e una maggiore erogazione di energia elettrica, occorre utilizzare un elettrolita più adatto. Nelle pile che si trovano in commercio, oltre agli elettroliti, vengono usate delle sostanze chimicamente affini all'idrogeno le quali, combinandosi con questo elemento, agiscono da depolarizzanti.

LA CELLA DI DANIELL

Materiali:

- una lamina di rame
- una lamina di zinco
- un recipiente
- un vaso poroso (vedi introduzione)
- tubo di plastica per innaffiare
- cotone idrofilo
- 100 g di solfato di rame (CuSO4)
- 100 g di solfato di zinco (ZnSO4)
- 5 g di nitrato di potassio (KNO3)
- 5 g di cloruro di sodio (NaCl) in alternativa al nitrato di potassio
- un litro di acqua distillata
- un tester
- due cavi con morsetti a coccodrillo

Preparate una soluzione abbastanza concentrata di solfato di rame in acqua distillata e un'altra soluzione, più o meno della stessa concentrazione, di solfato di zinco in acqua distillata. Per entrambe queste soluzioni, potete sciogliere dai 10 ai 30 grammi di sale ogni 100 cc di acqua distillata. Realizzate il montaggio mostrato dalle figure 4 e 5. Versate la soluzione di CuSO4 dove avete messo l'elettrodo di rame e la soluzione di ZnSO4 dove si trova l'elettrodo di zinco. Collegando il tester, misurerete una tensione di 1,1 volt. Rispetto alla pila al limone, la cella di Daniell ha una potenza superiore e un funzionamento molto più prolungato. Tuttavia, per riuscire ad accendere una lampadina, occorre avere elettrodi di superficie ampia, elettroliti concentrati. Provate con un LED.

Come funziona la pila di Daniell? Come abbiamo detto, le reazioni che avvengono agli elettrodi forniscono cariche e permettono alla pila di produrre energia per lungo tempo. Nella pila di Daniell, la lamina di rame richiama elettroni da quella di zinco. Essi passano attraverso i cavi del circuito esterno. Ricevendo questi elettroni, l'elettrodo di rame richiama gli ioni positivi dell'elettrolita. Quindi, gli ioni Cu++++ si muovono verso il vaso poroso. Per ogni atomo di rame che si deposita, un atomo di zinco va in soluzione cedendo due cariche al proprio elettrodo. si dirigono verso l'elettrodo di rame, dove prelevano due elettroni, si neutralizzano e si depositano in forma metallica, quelli Zn

Le reazioni agli elettrodi sono le seguenti:

Zn --> Zn++ + 2e-
Cu++ + 2e- --> Cu

Queste reazioni si risolvono in una solubilizzazione di atomi di zinco in forma ionica, cui corrisponde una deposizione di ioni di rame in forma metallica:

Zn + Cu++ --> Zn++ + Cu

Gli elettroni ceduti dagli atomi di zinco, passano attraverso il filamento della lampadina, producono luce per effetto joule e raggiungono l'elettrodo di rame che li richiama. Sono questi elettroni che costituiscono la corrente erogata dalla pila. Se non ci fosse il vaso poroso, gli ioni Cu++ andrebbero a prelevare gli elettroni direttamente sull'elettrodo di zinco e non ci sarebbe più passaggio di corrente attraverso il circuito esterno. Di conseguenza, la pila non funzionerebbe più. Poichè l'elettrodo di rame richiama elettroni dal circuito esterno, è considerato il polo positivo della pila.

Nelle pile, abbiamo dunque un passaggio di elettroni nel circuito esterno (circuito elettrico) e un movimento di ioni nel circuito interno (circuito elettrolitico). Anche la pila di Daniell non funziona indefinitamente, ma soltanto finchè ci sono ioni Cu++4 per bilanciare le cariche dell'elettrolita. L'inverso avviene all'elettrodo di rame che viene impoverito di ioni positivi. disponibili oppure finchè non si è consumato l'elettrodo di zinco. In realtà, la produzione di corrente si ferma prima, a causa dell'aumento della concentrazione dell'elettrolita dalla parte dell'elettrodo di zinco e della sua diminuzione di concentrazione dalla parte dell'elettrodo di rame. Infatti, la quantità di ioni positivi prodotti dall'elettrodo di zinco richiama ioni SO

Poichè la forza elettromotrice di una pila non dipende solo dalla natura dei suoi componenti, ma anche dalla concentrazione degli elettroliti, il gradiente di concentrazione che si ha in seguito all'erogazione di corrente, fa scendere sempre più la tensione della pila, finchè essa non riesce più a produrre una sufficiente quantità di corrente e viene considerata esaurita. Alla fine, anche gli ioni Zn++ raggiungono l'elettrodo di rame, lo circondano creando una polarizzazione che ostacola il movimento degli ioni Cu++.

Potete costruire la cella di Daniell anche senza utilizzare il vaso poroso, ma usando un ponte salino (fig. 6 e 7). Questo dispositivo è formato da un tubo piegato ad "U", contenente una soluzione salina. Potete realizzare il ponte con un pezzo di tubo di plastica per giardinaggio, riempito con una soluzione di nitrato di potassio (KNO3) o di sale da cucina (NaCl) in acqua distillata (circa 10 g di sale ogni 100 cc di acqua). Per evitare il rapido mescolamento di questa soluzione negli elettroliti della pila, dovete chiudere le estremità del tubo con tappi di cotone idrofilo pressato. Il ponte salino esercita le stesse funzioni del vaso poroso, di impedire il mescolamento degli elettroliti e di permetterne il contatto elettrico.


Se volete ottenere una tensione superiore, collegate più celle di Daniell in serie come mostrato dalla figura 8. Notate che, tra una coppia e l'altra, il collegamento è metallico e non con ponte salino.

LA PILA A CONCENTRAZIONE

Materiali:

- due lamine di rame
- un recipiente
- un vaso poroso (vedi introduzione)
- un tubo di vetro a "U", oppure un tubo di plastica trasparente per innaffiare
- cotone idrofilo
- 50 g di solfato di rame (CuSO4)
- mezzo litro di acqua distillata
- un tester
- due cavi con morsetti a coccodrillo

Il dispositivo sperimentale che utilizzerete questa volta (fig. 9) è molto simile a quello della cella di Daniell (fig. 4 e 5). Questa pila sfrutta la tendenza di due soluzioni aventi concentrazione diversa a raggiungere la stessa concentrazione. Quindi, come elettrodi prendete due lamine dello stesso materiale, nel caso particolare, di rame. Come elettroliti usate due soluzioni di solfato di rame, una concentrata (30 g di sale ogni 100 cc di acqua) e l'altra diluita (2 g di sale ogni 100 cc di acqua). Chiudendo il circuito esterno, vedrete il tester indicare il passaggio di una corrente.

Che cosa succede in questa pila? Agli elettrodi si hanno due reazioni di ossidoriduzione dello stesso tipo, ma che avvengono in soluzioni con concentrazioni differenti. Per questo motivo, si avrà una differenza di potenziale fra i due elettrodi. All'anodo, atomi di rame passano in soluzione cedendo elettroni, mentre al catodo, ioni di rame si depositano sull'elettrodo acquistando elettroni.

Cu --> Cu++ + 2e-
Cu++ + 2e- --> Cu

Lo stesso tipo di pila, si può realizzare in modo più semplice, senza dover procurare il vaso poroso, con un tubo di vetro, o più praticamente, con un tubo di plastica per giardinaggio piegato ad "U" (fig. 10). Sul fondo di questo deve esserci del cotone idrofilo pressato, la cui funzione è quella di evitare il rapido mescolamento delle soluzioni. Inserite le soluzioni e gli elettrodi. In questo modello, la pila dura poco tempo, fino a quando le soluzioni avranno equilibrato la concentrazione attraverso la "barriera" di cotone.

LA PILA DI VOLTA

Materiali:

- 6 lamine o dischi di rame
- 6 lamine o dischi di zinco
- carta da filtri
- un elettrolita scelto fra:
- succo di limone
- aceto
- soluzione di cloruro di sodio (NaCl)
- soluzione di solfato di rame
- un tester
- un termometro o un orologio a cristalli liquidi
- due cavi con morsetti a coccodrillo

Nel suo famoso esperimento del 1800, Alessandro Volta utilizzò una soluzione di acido solforico come elettrolita. Quando è concentrato, questo acido è pericoloso. Se arriva sulla pelle o sugli occhi, provoca gravi ustioni e può accecare. Dal momento che la pila funziona ugualmente anche con un elettrolita differente, in questa esperienza utilizzeremo un elettrolita meno pericoloso, come uno di quelli che abbiamo indicato fra i materiali, per esempio la soluzione di solfato di rame. Nonostante questa piccola modifica alla pila di Volta, il principio della produzione di energia elettrica per via chimica verrà ugualmente dimostrato. Se vorrete ugualmente utilizzare l'acido solforico, servitevi di una soluzione a bassa concentrazione ed un adulto dovrà essere presente per evitare ogni pericolo.

Montate ciascun dischetto di zinco sopra uno di rame in modo da avere sei coppie Cu-Zn. Ora, come mostrato in figura 11, mettete una coppia sopra l'altra, interponendo fra ciascuna coppia un dischetto di carta da filtri imbevuta della soluzione conduttrice. Fate attenzione a non fare gocciolare lateralmente la soluzione perchè essa metterebbe in cortocircuito gli elementi della pila. Notate che la sequenza dei materiali è questa: Cu, Zn, elettrolita, Cu, Zn, elettrolita, etc. Quando avrete finito di montare la pila di elementi, misurate la tensione fra la lamina di base (Cu) e quella di testa (Zn). Dovreste leggere 6,6 V, cioè 1,1 V per ciascuna coppia di elementi. La tensione prodotta varia anche in base all'elettrolita che userete e alla sua concentrazione. Come avete fatto con la pila al limone, alimentate un piccolo apparecchio a cristalli liquidi come un orologio o un termometro o anche una calcolatrice.

Con la sua invenzione, Alessandro Volta dette un forte impulso alle ricerche nel campo dell'elettricità. Circa un secolo dopo, queste scoperte portarono la luce elettrica, il telefono, la radio in milioni di case. Oggi, possiamo constatare l'importanza dell'energia elettrica in ogni momento della nostra vita.

MISURA DEI POTENZIALI DI RIDUZIONE

Un metodo alternativo di spiegare il funzionamento di una pila è quello che si basa sulle reazioni di ossidoriduzione agli elettrodi. Nelle reazioni ossidoriduttive, si ha un trasferimento di elettroni da una specie chimica (elemento) a un'altra. La tendenza di un elemento ad acquistare o a perdere elettroni viene misurata come potenziale elettrico in rapporto ad uno speciale elettrodo a idrogeno tenuto a 25 °C, al quale è attribuito per convenzione potenziale zero: 2H+ + 2e- <---> H2.
Nel fare queste misure, viene utilizzata una pila che ha un elettrodo a idrogeno da una parte e un elettrodo del materiale di cui si vuole conoscere il potenziale di riduzione dall'altra. La tensione che viene prodotta da tale pila indica il potenziale di riduzione in termini di una tensione positiva o negativa. Gli elementi chimici che hanno un potenziale di riduzione positivo hanno una tendenza a ridursi, cioè ad acquistare elettroni, mentre gli elementi che hanno un potenziale negativo, tendono a ossidarsi, cioè a cedere elettroni.

A questo punto, la tensione prodotta da una pila può essere calcolata facendo la differenza dei potenziali di riduzione dei due semielementi E= E1 - E2.


reazione potenziale di riduzione (V)
E1 Cu++ + 2e- = Cu + 0,342
E2 Zn++ + 2e- = Zn - 0,762

Nel nostro caso la tensione che la pila fornisce sarà pari a:

E = +0,342 - (-0,762)
E = +1,104 V.

Si possono realizzare pile con tanti materiali diversi. Potete calcolare la tensione che otterrete attraverso le tabelle dei potenziali di riduzione forniti dai testi di chimica.

Veniamo ora alla parte sperimentale.

Materiali:

- una lamina di rame
- campioni di materiali da provare
- due recipienti
- tubo di plastica per innaffiare
- cotone idrofilo
- 50 g di solfato di rame (CuSO4)
- 50 g di un sale dello stesso elemento del campione
- 5 g di nitrato di potassio (KNO3)
- 5 g di cloruro di sodio (NaCl) in alternativa al nitrato di potassio
- mezzo litro di acqua distillata
- tester (meglio se elettronico perchè ha un'impedenza molto alta e influenza poco la misura)
- due cavi con morsetti a coccodrillo
- carta abrasiva

Con i componenti descritti, realizzate un dispositivo come quello della figura 12, molto simile alla cella di Daniell a ponte salino. Mettete una soluzione 1 M di solfato di rame nel vaso dove c'è l'elettrodo di rame e una soluzione 1 M di un sale dell'elemento del campione nel vaso dove c'è il campione. Collegate il polo negativo del tester al rame e quello positivo al campione e misurate la tensione prodotta.

Perchè il dispositivo dia risultati validi, l'elettrodo di rame deve essere pulito e disossidato. Anche la superficie del campione deve essere pulita e disossidata. A tale scopo, potete servirvi di carta abrasiva. Alcuni metalli si ossidano molto facilmente. Questo è per esempio il caso dell'alluminio, titanio, magnesio. Disossidateli con la carta abrasiva subito prima della prova, poi, durante la prova, aspettate che la reazione rimuova quel sottile velo di ossido che si è formato dopo la smerigliatura. Vedrete la lancetta salire lentamente fino a raggiungere un massimo. Rilevate questo valore, che è il potenziale di riduzione del materiale in prova rispetto al rame. Se invece la tensione tende a calare, rilevate il valore più alto.

Le tensioni che misurate sono relative al rame. Per ottenere i valori relativi all'idrogeno, che sono quelli normalmente utilizzati, dovete sommare alle tensioni rilevate 0,34 V che è il potenziale del rame (Cu/Cu++) nei confronti dell'idrogeno. Per esempio, se con questo dispositivo misurerete il potenziale dello zinco, leggerete -1,1 V. Sommando 0,34 V, otterrete: -1,1 + (+0,34) = -0,76 V che è appunto il potenziale di riduzione dello zinco, cioè del semielemento Zn/Zn++ rispetto all'idrogeno.

Confrontate i valori ottenuti con le tavole dei potenziali di riduzione che potete trovare in un testo di chimica. Non aspettatevi di ottenere misure precise da questo dispositivo. In ogni caso, esso vi consentirà di effettuare numerose osservazioni.

Con questo metodo, provate metalli differenti, ma anche leghe metalliche e, se potete, anche plastiche, gomme e ceramiche conduttrici. Ci sono ricercatori che stanno tentando di mettere a punto pile con elettrodi in materiale plastico. Queste pile avrebbero il vantaggio della leggerezza. La speranza è quella di ottenere batterie leggere da utilizzare per le automobili elettriche.

UN DEPOSITO GALVANICO

Materiali:

- due lamine di rame
- una lamina di zinco
- una lamina di ferro
- una lamina di acciaio inossidabile
- un recipiente
- 50 g di solfato di rame (CuSO4)
- mezzo litro di acqua distillata
- una pila
- un tester
- due cavi con morsetti a coccodrillo
- una bilancia analitica
- carta abrasiva

Le reazioni di ossidoriduzione avvengono con scambio di elettroni da una specie chimica all'altra e si raggiunge un livello energetico più basso. Nelle celle elettrolitiche, si fornisce energia elettrica per fare avvenire il processo chimico inverso a quello che avverrebbe spontaneamente. Ora, utilizzeremo questo principio per depositare metalli su di un elettrodo.

1° ESPERIMENTO: Soluzione di CuSO4 ed elettrodi di rame.
Realizzate una cella elettrolitica come indicato nella figura 13. A tale scopo, impiegate una soluzione di solfato di rame come elettrolita (30 g di CuSO4 ogni 100 cc di acqua) e lamine di rame come elettrodi. Con questa cella, poichè gli ioni solfato restano nel sistema, mano a mano che ioni di rame si depositano sul catodo, altri atomi di rame lasciano l'anodo e vanno in soluzione. Così facendo, potrete trasferire praticamente tutto il rame dell'anodo al catodo, mentre le eventuali impurezze presenti nell'anodo si depositeranno sul fondo. Quello che si ottiene è un deposito di rame molto puro. Questo procedimento è usato anche in campo industriale proprio per purificare i metalli, che raggiungono la cosiddetta purezza elettrolitica. Verificate con la bilancia analitica la variazione di peso degli elettrodi prima e dopo aver fatto passare la corrente. Variando la tensione, potete ottenere correnti diverse. Fate un grafico della variazione di peso del catodo in funzione della corrente per tempi costanti.

2° ESPERIMENTO: Soluzione di CuSO4 e lamine di zinco e di ferro.

Alcuni di voi si saranno chiesti perchè non utilizziamo un catodo di zinco per rendere visibile il deposito di rame. Infatti, in virtù del suo colore arancione, il rame si distinguerebbe molto bene sullo zinco che è grigio. In questo modo, si potrebbe evitare di utilizzare la bilancia per verificare l'avvenuto deposito del rame. Il problema è che, immergendo l'elettrodo di zinco nella soluzione contenente ioni di rame, la lamina di zinco si ricoprirebbe di rame prima ancora di collegare la pila. Infatti, gli ioni di rame si depositano spontaneamente sullo zinco. Come ormai sappiamo, questo avviene perchè gli atomi di rame sono più avidi di elettroni di quanto non siano quelli di zinco. Quando immergiamo una lamina di zinco in una soluzione contenente ioni di rame, alcuni atomi di zinco vanno in soluzione come Zn++ e lo stesso numero di ioni Cu++ si deposita sullo zinco, dove preleva gli elettroni ceduti dagli atomi di zinco andati in soluzione e si neutralizza. La lamina di zinco si ricopre in modo visibile di uno strato di rame. Normalmente non avrete un deposito metallico compatto, ma una cristallizzazione dendritica di consistenza polverulenta e di colore nerastro. Se invece utilizzerete una lamina di ferro al posto dello zinco otterrete un sottile deposito compatto di rame (fig. 14). Fate alcune prove per verificare questo fenomeno.

3° ESPERIMENTO: Soluzione di CuSO4 e catodo di acciaio inossidabile.
L'acciaio inossidabile si presta bene a mostrare in modo qualitativo la deposizione elettrolitica di rame sul catodo. Infatti, l'acciaio inossidabile ha un colore grigio chiaro, tuttavia, se lo immergete in una soluzione di solfato di rame, non si ricoprirà spontaneamente di rame, ma dovrete applicare una tensione agli elettrodi. Questo avviene perchè l'acciaio inossidabile ha un potenziale di riduzione maggiore di quello del rame. Facendo riferimento alla figura 13, impiegate la lamina di acciaio inossidabile come catodo e applicate la tensione di una pila. Dopo che avrete fatto questo, quella parte di del catodo immersa nell'elettrolita si ricoprirà di un sottile strato di rame. Il colore differente dei due metalli mostrerà l'avvenuta deposizione di rame, senza dovere effettuare accurate misure di peso.

Nel corso di questi esperimenti, potete verificare la legge di Faraday, secondo cui la quantità di elettroni forniti è pari alla quantità di cariche ioniche spostate. Quindi, il peso delle sostanze trasformate è direttamente proporzionale alla quantità di corrente fornita e al peso molecolare degli ioni, ed è inversamente proporzionale al numero di cariche che la sostanza possiede allo stato ionico. Per esempio, la stessa quantità di corrente che deposita un certo numero di ioni con carica 1, depositerà la metà di ioni con carica 2.

I depositi elettrolitici sono molto utilizzati nel campo industriale nei trattamenti di superficie dei metalli. Questi trattamenti hanno per scopo di ottenere strati protettivi contro l'ossidazione, oppure hanno scopi decorativi. In gioielleria, si usa depositare sottili strati d'oro su metalli di scarso valore per ottenere prodotti meno costosi, ma ugualmente belli da vedere. Anche in elettronica si impiegano depositi d'oro. In questo caso, l'oro viene utilizzato per le sue proprietà di non ossidarsi e di mantenere la capacità di stabilire un ottimo contatto elettrico anche dopo molto tempo e molte interruzioni. Con le tecniche di galvanoplastica, si effettuano anche ossidazioni superficiali dei metalli, con scopi decorativi o protettivi. Questo è per esempio il caso dell'alluminio che, con l'ossidazione anodica, può assumere colori differenti, fra i quali anche il nero.

CONCLUSIONE

Nel corso di questi esperimenti, avete preso confidenza con fenomeni semplici come la conduttività delle soluzioni per mezzo degli ioni, avete fatto amicizia con le reazioni ossidoriduttive e avete visto che fornendo una tensione esse possono essere invertite. Avete imparato a misurare il potenziale di riduzione dei materiali e a prevedere la tensione di una pila partendo dal materiale degli elettrodi. Avete anche imparato a realizzare pile. Ora sapete benissimo che la pila al limone funzionerà altrettanto bene utilizzando un pomodoro, oppure una patata, una mela, un ananas, insomma qualsiasi frutto od ortaggio. Fino ad ora, avevamo sempre guardato le pile come degli oggetti misteriosi. Ben poche persone sanno come funzionino questi dispositivi, e noi siamo fra queste! Ora potete improvvisare pile utilizzando materiali diversi, cosa che non mancherà di stupire quelli che vi osserveranno. Ma, quello che è più importante, è che ora lo studio di questa materia sarà vi sarà più facile.

Orologio al pomodoro

lunedì 24 novembre 2008

Effetto Hutchison


L'effetto Hutchison e' un'insieme di fenomeni scoperti casualmente da John Hutchison durante i tentativi di studiare le onde longitudinali di Tesla nel passato 1979. In altre parole, l'Effetto Hutchison non e' semplicemente un effetto singolare. E' molto di piu'. L'Effetto Hutchison si verifica come il risultato di interferenze di onde radio in una zona di spazio volumetrico avvolto da sorgenti di alto voltaggio, solitamente un generatore Van de Graff, e due o piu' bobine di Tesla. Gli effetti prodotti includono levitazione di oggetti pesanti, fusione di materiali dissimili come metallo e legno, il riscaldamento anomalo di metalli senza bruciare i materiali adiacenti, rotture spontanee di metalli (i quali si separano con modalita' di scorrimento laterale ), e cambiamenti sia provvisori che permanenti nella struttura cristallina e delle proprieta' fisiche dei metalli. La levitazione di oggetti pesanti dall'Effetto Hutchison non e' - ripeto non e' - il risultato di semplice levitazione elettrostatica o elettromagnetica. Dichiarare che queste forze da sole possano spiegare il fenomeno, e' palesemente ridicolo e confutato facilmente solo provando ad utilizzare tali metodi per duplicare quello che l'Effetto Hutchison ha ottenuto, che e' stato documentato bene sia su film che su videotape ed e' stato presenziato molte volte da numerosi scienziati e ingegneri forniti di credenziali. Gli sfidanti devono notare che il loro apparato deve essere limitato all'uso di 75 watt di potenza da una 120 Volt AC di uscita, come quello che e' tutto cio che usa l'apparato di Hutchison per fare levitare una palla di cannone da 60 pound (27,2 Kg).La fusione di materiali dissimili, che e' estremamente eccezionale, indica chiaramente che l'Effetto Hutchison ha un'influenza potente sulle forze di Van der Waals (nota 1). In una contraddizione impressionante e sconcertante, le sostanze dissimili possono riconciliarsi semplicemente "insieme", tuttavia le singole sostanze non si dissociano. Un blocco di legno puo' semplicemente "penetrare dentro" una barra di metallo, tuttavia ne' la barra di metallo ne' il blocco di legno si sfasciano. Inoltre, non c'e' alcuna prova di spostamento (o spiazzamento), tale si verificherebbe se, ad esempio, come quando accade calando una pietra in una coppa d'acqua. Il riscaldamento anomalo di metalli senza alcuna prova di bruciare o bruciacchiarsi dei materiali adiacenti (di solito legno) e' un'indicazione chiara che la natura del calore potrebbe non essere stata completamente capita. Questo ha implicazioni di vasta portata per la termodinamica, che dipende completamente dalla presunzione di tale conoscenza. Si dovrebbe notare che l'integrita' della termodinamica e' rappresentata dalla parte infrarossa dello spettro elettromagnetico, la quale e' insignificante in un contesto da 0 Hz a infiniti Hz. Il riscaldamento anomalo esibito dall'Effetto Hutchison mostra chiaramente che abbiamo molto da imparare, specialmente la dove si incontrano termodinamica ed electromagnetismo. Lo spaccarsi spontaneo dei metalli, cosi' come si verifica con l'Effetto Hutchison, e' specifico per due ragioni: (1) non c'e' alcuna prova di una "forza esterna" che causi lo spaccarsi e (2) il metodo con cui il metallo si separa, implica un movimento scorrevole in una direzione trasversale, orizzontalmente. Il metallo semplicemente si sfalda (disfa).

Alcuni cambiamenti temporanei della struttura cristallina e delle proprieta' fisiche dei metalli sono piuttosto reminiscenti della "curvatura di cucchiaio" di Uri Geller, eccetto che non ce nemmeno un campione di metallo quando hanno luogo i cambiamenti. Un video mostra un cucchiaio che sbatte su e giù come uno straccio molle in una brezza. Nel caso di cambiamenti permanenti, una barra di metallo sarà' dura ad una estremità, come acciaio e morbida avanzando verso l'altra estremità, come piombo polverizzato. Ancora, questa e' l'evidenza di una influenza forte sulle forze di Van der Waals. Le interferenze di onde radio implicate nella produzione di questi effetti, sono prodotte da Più di quattro o cinque differenti sorgenti radio, tutte operanti a bassa potenza. Tuttavia, la zona in cui le interferenze hanno luogo e' stressata da centinaia di chilovolts. Si suppone, da alcuni ricercatori, che quello che Hutchison ha fatto, sia aprire il rubinetto nell'Energia del Punto Zero (ZPE). Questa energia prende il suo nome dal fatto che e' evidenziata da oscillazioni a zero gradi Kelvin, dove e' supposto che tutte le attività in un atomo cessino. Questa energia e' associata ad emissioni spontanee e annichilazione di elettroni e positroni che provengono dal cosiddetto "vuoto quantico". La densità dell'energia contenuta nel vuoto quantico e' stimata da alcuni, a dieci alla tredicesima (10^13) Joules per centimetro cubo, che è riferita essere sufficiente a far evaporare via gli oceani della Terra in un momento. Dato accesso a tali energie, c'e' poco da meravigliarsi che l'Effetto Hutchison produca fenomeni così bizzarri. Attualmente e' difficile riprodurre i fenomeni con qualsiasi regolarità. L'obiettivo su cui concentrarsi in futuro, quindi, e' prima di tutto aumentare la frequenza di occorrenza degli effetti, quindi ottenere qualche grado di precisione nel loro controllo.

La bomba atomica


La bomba atomica e la bomba all' idrogeno

LA BOMBA ATOMICA

La bomba atomica o bomba A è il nome comune della bomba a fissione nucleare. E' un ordigno esplosivo, appartenente al gruppo delle armi nucleari, la cui energia è prodotta dal fenomeno della fissione nucleare cioè la reazione a catena di scissione, spontanea o indotta, del nucleo atomico di un elemento pesante in due o più frammenti. La reazione a catena avviene in forma “incontrollata” e rapidissima in una massa di uranio 235 o di plutonio 239 altamente concentrati, nell'istante in cui la massa viene resa "super-critica". Nell'uso comune talvolta il nome “bomba atomica” è esteso ad altre armi nucleari di potenza simile o superiore, includendo così anche le bombe che utilizzano l'altro tipo di reazione nucleare, la fusione dei nuclei di elementi leggeri. Il termine bomba atomica nella classificazione originaria di bomba A indicava propriamente solo le bombe a fissione. Quelle che invece utilizzano la fusione sono chiamate bombe H o bombe all'idrogeno, o anche raggruppate nella definizione di armi termonucleari.

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PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

Il principio della bomba A è la reazione a catena di fissione nucleare: questo è il fenomeno fisico per cui il nucleo atomico di certi elementi pesanti si può dividere in due o più frammenti (nuclei di elementi più leggeri) se viene colpito da un neutrone libero. Questo processo si può innescare in forma massiccia, cioè come reazione a catena in una massa metallica, in alcuni elementi con massa atomica superiore a 230. I materiali che è possibile utilizzare nella pratica sono l'uranio 235 e il plutonio 239. Questi metalli pesanti sono materiali fissili in condizioni normali. Quando un neutrone libero colpisce il nucleo di un atomo di U 235 o di Pu 239, il neutrone viene catturato dal nucleo per un tempo brevissimo. Il nucleo così modificato è instabile e si spezza quasi subito (entro 10-12 secondi) dando luogo a due o più frammenti, liberando contestualmente alcuni neutroni liberi (2 o 3) e una certa quantità di energia sotto forma di fotoni ed eccitazione termica dei nuclei. La liberazione di energia è conseguenza del fatto che la somma delle masse dei frammenti risultanti non è esattamente uguale alla massa del nucleo iniziale. Una piccola parte di massa (circa un quinto) risulta trasformata in energia (circa 200 MeV). I neutroni liberati dal processo, a loro volta possono urtare altri nuclei nel blocco metallico, che quindi subiscono anch'essi la fissione, liberando ulteriori neutroni e causando così la reazione a catena che si propaga in tutta la massa di materiale. La reazione a catena però avviene solo se il materiale è sufficientemente puro e la massa è sufficientemente grande. Se la massa è piccola, la maggior parte dei neutroni sfugge all'esterno senza colpire altri nuclei: per innescare la reazione occorre che un numero sufficiente di neutroni prodotti prosegua la reazione. Ciò avviene quando il materiale è in una quantità superiore ad una massa detta massa critica. L'entità della massa critica dipende dalla forma, dalla purezza del materiale e dalla disposizione atomica (il plutonio ad esempio può essere in diversi stati di configurazione cristallina). Una massa può essere resa super-critica modificando le sue caratteristiche (dimensione forma e concentrazione). Per costruire una bomba è necessario che il materiale fissile sia in una percentuale molto alta, cioè quando il metallo è "arricchito" dal suo isotopo fissile al punto che esso è quasi puro, o superiore al 93% nel caso dell'uranio 235 (uranio "weapon grade"). Allora, è possibile produrre una reazione totalmente "incontrollata" che si propaga nella massa in modo esponenziale, in un intervallo di tempo dell'ordine del microsecondo. Si libera così una quantità di energia con un effetto esplosivo di enorme potenza. È necessario anche che siano posti all'interno di contenitori schermati particolari ed è utile (ma non indispensabile) che vi sia anche una "sorgente di neutroni" da attivare al momento opportuno. Questi dispositivi servono per accelerare la reazione e moltiplicare l’efficienza, cioè la percentuale di metallo che subisce la fissione.

MATERIALE FISSILE

Il materiale fissile usato più di frequente nelle bombe atomiche è il plutonio. Questo elemento artificiale si può produrre solo in paesi altamente industrializzati, a monte richiede l'esistenza di un ciclo di arricchimento dell'uranio e reattori nucleari o altri sistemi capaci di produrre il plutonio a partire dall'isotopo uranio 238. L'elemento naturale usato comunemente è il cosiddetto "uranio arricchito". L'uranio presente in natura è una miscela del 99,3% circa di isotopo a numero di massa 238 e dello 0,7% circa di isotopo a numero di massa 235; dei due, solo l'ultimo è fissile. Per poterne accumulare una quantità sufficiente occorre quindi "arricchire" l'uranio del proprio isotopo 235. Il nocciolo di una bomba all'uranio deve cioè essere composto di una massa composta in gran parte di uranio 235, ovvero di uranio altamente arricchito. bf396a459e9572bb9aafaebfb9136b7f.png Tale "arricchimento" avviene con la separazione dell'isotopo 235 dall'isotopo 238, per ottenere un metallo con una concentrazione via via maggiore del primo elemento. Il ciclo di arricchimento industriale ha inizia con la conversione dell'uranio naturale in esafluoruro di uranio (UF6), una sostanza gassosa che permette di sfruttare successivamente la diversa velocità di diffusione che contraddistingue 235UF6 da 238UF6 per separare i due isotopi. L'identico processo si può compiere anche con il tetracloruro di uranio (UCl4). Queste sostanze si possono portare allo stato gassoso a basse temperature, ciò consente di separare i due isotopi meccanicamente. La sostanza viene centrifugata ad altissima velocità, in speciali centrifughe montate in serie (a "cascata"). Queste concentrano progressivamente l'isotopo 235 separandolo dall'omologo chimico 238 sfruttando la piccolissima differenza di peso specifico tra i due. L'uranio arricchito per le testate atomiche è composto per il 97% circa di U 235. È possibile separare l'isotopo 235 anche con altre metodologie, su scala minore o con tecnologie molto più sofisticate (come il laser). Il prodotto di scarto del processo di arricchimento è uranio, in grande quantità, composto quasi totalmente dall'isotopo 238 perciò inutile per la reazione nucleare, con una percentuale di U 235 bassissima. È il cosiddetto uranio impoverito, cioè uranio con una frazione di U 235 inferiore allo 0,2%. È classificato come scoria radioattiva, ma viene usato per costruire proiettili e bombe in sistemi d'arma convenzionali. La tossicità dell'uranio impoverito, di origine chimica e radiologica, è oggetto di una controversia legata al suo uso, ma è stata accertata nel caso esso venga inalato o ingerito. All'interno di masse inferiori a quella critica, purché concentrate in piccoli volumi, nell'uranio e nel plutonio le fissioni sono più frequenti di quelle che si hanno nei minerali naturali, dove gli isotopi fissili sono meno concentrati. Dopo un certo periodo di tempo, a causa di questa perdita di neutroni, il materiale fissile non è più utilizzabile.

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE

Una bomba atomica è formata da un nocciolo metallico di alcune decine di chilogrammi di uranio arricchito oltre il 93% (uranio "weapon grade"), oppure di qualche chilogrammo di plutonio contenente almeno il 93% di isotopo 239 (plutonio "weapon grade"). E' possibile anche costruire una bomba utilizzando pochissimi chilogrammi uranio, seguendo i principi costruttivi messi a punto per le bombe al plutonio; è altresì possibile, oggi, costruire bombe con mini-nocciolo che impiegano poche centinaia di grammi di plutonio. La massa del nocciolo è sempre, comunque, sub-critica (se così non fosse la bomba esploderebbe anzi tempo). Il nocciolo è inserito in un contenitore di metallo pesante, come l'uranio 238, a formare uno spesso guscio detto tamper ("tampone" o borraggio) che limita la fuga all'esterno dei neutroni, utili alla reazione nel momento dell'esplosione, e soprattutto ha la funzione di trattenere, mediante l'azione inerziale e la pressione esercitata dalla sua espansione termica, il nocciolo per il tempo necessario alla reazione, circa 1 microsecondo. Il tempo a disposizione per la reazione aumenta moltissimo l’efficienza, cioè la percentuale di materiale che subisce la fissione. L'esplosione viene innescata con l'uso di esplosivi convenzionali che avvicinano fra loro parti del nocciolo o lo modificano in modo da rendere la massa super-critica. Mediante sistemi di detonatori (che possono essere complessi e di tipo diverso) il nocciolo viene modificato nella forma e concentrazione in modo da portarlo a uno stato super–critico. Vi sono essenzialmente due tecniche alternative, dal punto di vista ingegneristico, per produrre questo effetto. Le due soluzioni sono:

  1. il sistema a blocchi separati o detonazione a proiettile (gun-triggered fission bomb). Il nocciolo è cioè diviso in due parti, due masse sub-critiche che, al momento dell'esplosione, vengono proiettate l'una contro l'altra in modo da unirsi a formare un'unica massa super-critica;
  2. il sistema a implosione. È molto più efficiente, ed estremamente complesso da progettare. L'esplosivo circonda un nocciolo a forma di sfera cava con una massa di pochissimi chilogrammi. Il sistema di detonatori esplosivi e contenitori intorno al nocciolo servono per produrre l'implosione di questo, cioè "schiacciare" la massa e concentrare il materiale in modo da portarlo a uno stato super-critico. La detonazione modifica la forma e la concentrazione del materiale ed elimina la cavità in modo tale da rendere la massa super-critica.

I due modelli costruttivi contengono entrambi un "iniziatore" della reazione nucleare, cioè una sorgente di neutroni che è un dispositivo costruito di solito in berillio, e contenente un materiale radioattivo come il polonio 209 o 210. Questa sostanza entra in contatto con il materiale fissile e libera neutroni al momento della detonazione. L'iniziatore è posto al centro del nocciolo, e viene attivato dalla pressione esercitata da questo. L'iniziatore da luogo in sequenza a questi effetti:

  1. il suo involucro in berillio viene sfondato quando la massa implode, il polonio emette radiazione alfa;
  2. la radiazione alfa interagisce con il berillio 9 producendo berillio 8 e neutroni liberi;
  3. i neutroni liberati da questo dispositivo sono in quantità enorme e scatenano la fissione in una massa che ora è super-critica.
IL SISTEMA DI DETONAZIONE A BLOCCHI SEPARATI
L'innesco a blocchi separati è detto bomba con "detonazione a proiettile" o gun-triggered fission bomb. È la più semplice da costruire, richiede una tecnologia rudimentale. Funziona però bene solo con l'uranio 235. Il plutonio infatti, a causa delle tracce non eliminabili dell'isotopo 240, è più instabile e dunque il dispositivo richiederebbe accorgimenti con cui diventerebbe troppo ingombrante per poi poter essere utilizzato.
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La bomba atomica sganciata su Hiroshima era un ordigno di questo tipo. Il principio è che due masse sub-critiche di uranio vengono proiettate ("sparate") l'una contro l'altra. L'ordigno è costituito da un tubo ad un estremità del quale c'è un proiettile costituito da un blocco di uranio 235 di forma conica, all'altro capo un blocco sferico di U 235 con massa maggiore, dove è collocato anche il generatore di neutroni (iniziatore). La detonazione avviene quando il proiettile viene lanciato, per mezzo di una carica esplosiva, e colpisce la massa attivando l'iniziatore. I neutroni liberati in grande quantità scatenano la reazione nella massa di uranio che ora ha dimensioni super-critiche. Questi ordigni hanno un'efficienza molto scarsa. Per costruire una bomba occorre qualche decina di chilogrammi di uranio 235, un isotopo naturale estremamente raro, ma la gran parte di questa massa (il 98,5%) viene sprecata, non dà luogo cioè a nessuna reazione nucleare. L'ordigno Little Boy conteneva 63 kg di uranio di cui appena l'1,5% subì la fissione nucleare. La scarsa efficienza è dovuta al fatto che manca l'effetto di concentrazione e di contenimento inerziale del nocciolo compiuto dal sistema a implosione. Il contenitore tamper, nel meccanismo a blocchi separati, è meno efficace dovendo contenere una massa troppo grande. L'assemblaggio di una massa tanto grande è anche piuttosto pericoloso. Inoltre gli ordigni a blocchi separati non possono avere una potenza esplosiva molto più grande di 20 chilotoni perché la quantità di uranio non si può aumentare a piacimento. Per tutte queste ragioni, in linea di massima le armi basate su questo sistema non vengono costruite. Sono stati costruiti poche decine di ordigni come questo nel primo dopoguerra, principalmente da Gran Bretagna e Unione Sovietica. Queste sono state smantellate negli anni '50. Negli anni '70 il solo Sudafrica costruì cinque bombe come questa, anch'esse poi smantellate.

SISTEMA DI DETONAZIONE A IMPLOSIONE

Questo sistema era utilizzato nella bomba esplosa su Nagasaki. Il nocciolo è una sfera cava di pochi chilogrammi di plutonio 239. È posto all'interno di più sfere concentriche di metalli diversi e circondato da un complesso sistema di cariche esplosive e detonatori elettronici. Al centro della sfera cava è collocato l'iniziatore in polonio-berillio. Quando l'esplosivo che circonda il nocciolo viene fatto brillare, l'onda d'urto concentrica produce l'implosione perfettamente simmetrica della massa di plutonio.

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La cavità centrale scompare, il materiale schiacciato dall'onda d'urto viene concentrato di un fattore 2 o più, la massa diventa super-critica, l'iniziatore centrale si attiva. La bomba di Nagasaki aveva un'efficienza intorno al 15%, e conteneva meno di 7 kg di plutonio. Sistemi diversi e molto più complessi, costruiti sullo stesso principio, possono portare a efficienze maggiori. Sono quelli usati nella costruzione delle moderne bombe a fissione.

LA BOMBA ALL' IDROGENO (BOMBA TERMONUCLEARE):

La bomba all'idrogeno o bomba H (più propriamente bomba a fusione termonucleare incontrollata, è una bomba a fissione-fusione-fissione in cui una normale bomba A, che serve da innesco, viene posta all'interno di un contenitore di materiale fissile insieme a degli atomi leggeri. Quando la bomba A esplode, innesca la fusione termonucleare dei nuclei degli atomi leggeri; questo processo provoca a sua volta la fissione nucleare del materiale che la circonda. In questo tipo di bomba dunque l'energia liberata deriva oltre che dalla fissione nucleare anche dalla fusione termonucleare fra nuclei di isotopi diversi dell'idrogeno: il deuterio ed il trizio. Nel caso della bomba al deuterio e litio, tale processo avviene secondo una reazione nucleare del tipo:

2H + 3H → 4He + n + 17,6 MeV

Il trizio non è di per sé presente nella composizione iniziale della bomba ma viene prodotto dall'urto di neutroni veloci contro nuclei dell'isotopo del litio avente numero di massa 6 e nuclei di deuterio secondo queste due reazioni nucleari:

6Li + n → 3H + 4He + 4,8 MeV

e

2H + n → 3H + 6,2 MeV

La temperatura e la pressione elevatissime necessarie affinché avvenga la fusione termonucleare nonché i neutroni veloci indispensabili per generare l'idrogeno 3 vengono forniti, come già detto, da una bomba A.

A differenza della bomba A, con quella H non vi è alcuna limitazione teorica di potenza. Tale potenza è una funzione a scalino di un certo numero di variabili; non trattandosi di una funzione continua non vale il teorema di Weierstrass e dunque non possiede un massimo teorico. Inoltre la bomba termonucleare non necessita di una massa critica a differenza della bomba A. In realtà, però, essendo necessaria quest'ultima per attivare il processo di fusione termonucleare, rimane ugualmente la necessità a monte di una massa critica. Nel 1961, in una serie di test nucleari, l'URSS fece esplodere la più potente bomba H mai realizzata (la bomba Zar) che liberò energia pari a 57 megatoni, ovvero oltre 4 500 volte più potente della bomba all'uranio lanciata su Hiroshima.

I DANNI:

Sono quattro i fattori distruttivi dovuti all'esplosione di un ordigno nucleare:

  1. onda di calore (fino a 300 milioni di gradi centigradi in corrispondenza del punto di detonazione);
  2. onda d'urto;
  3. emissione di radiazioni (direttamente con l'esplosione e tramite successivo Fall-out radioattivo);
  4. effetto EMP (Electro Magnetic Pulse), questo scoperto solo a partire da alcuni test nucleari dei primi anni sessanta.

Le esplosioni nucleari possono essere a loro volta classificate in cinque tipi:

  1. aero-alte: esplosione nella stratosfera, con forte rilascio di particelle alfa e beta e scarso rilascio di radiazioni gamma, che però vengono fermate dall'atmosfera; nessun danno agli esseri umani ma viene rilasciato un gigantesco impulso elettromagnetico (EMP, Electro Magnetic Pulse) che distrugge qualunque apparecchiatura elettronica non protetta da adeguata schermatura; inoltre vengono azzerate le comunicazioni radio per un certo periodo a causa dei disturbi;
  2. aero-basse: esplosione nell'atmosfera a poche centinaia di metri di altezza, con forte rilascio di particelle alfa e beta e scarso rilascio di radiazioni gamma, letali nel raggio di diversi chilometri in un tempo breve. Scarso fall-out;
  3. superficiali: esplosione a terra, con forte rilascio di particelle gamma, e scarso rilascio di particelle alfa e beta; elevata ricaduta radioattiva dovuta alle polveri sollevate, pesantemente contaminate. Danni anche di tipo sismico alle cose, ma minori effetti immediati sulle persone;
  4. sotterranee: nessun rilascio di particelle, che vengono schermate dal terreno, e di onde elettromagnetiche. Forte onda sismica, proporzionale alla potenza dell'arma. È usata principalmente nei test per le armi nucleari;
  5. sottomarine.

lunedì 3 novembre 2008

CORAL CASTLE


La Storia che sto per raccontarvi è una Storia d’Amore. Una storia che sembra una favola, tanto è intrisa di magia. Ma tutto è incredibilmente vero.
E’ la storia di un uomo che ha aspettato tutta la vita la ragazza di cui si era innamorato.

Lui aveva 26 anni, veniva dalla Lettonia e si chiamava Edward Leedskalnin. Lei si chiamava Agnes Skuvst e aveva solo 16 anni. Lui era sicuro che lei avrebbe accettato di sposarlo. Perché per Lei, aveva deciso di costruire qualcosa di speciale. Qualcosa che non potesse dimenticare. Per Agnes Ed aveva deciso di costruire, da solo e con le sue stesse mani, un intero castello.

Con questa idea in testa,Edward era partito dalla Lettonia alla ricerca del posto giusto, del luogo ideale per il suo sogno d’amore. Girò Europa, Canada e Stati Uniti ma solo quando giunse in Florida capì che aveva trovato il luogo adatto. Come fa a capirlo? Perché in Florida scopre un particolare tipo di pietra locale. Una pietra bellissima ed estremamente pesante. Da queste parti la chiamano Coral Stone, la pietra di Corallo: Ed farà allora per Agnes un Castello di pietra solido e pesantissimo che avrà un nome leggero: Coral Castle, appunto.

A poco meno di 50 km da Miami, proseguendo verso sud per l’Autostrada 1 in Florida, si può giungere a Homestead, una piccola cittadina nel cuore dello stato. In questo paese si trova uno dei più bizzarri ed incredibili edifici costruiti dall’uomo: il Coral Castle. Di primo acchito la struttura in sé non rivela nulla di incredibile; alcuni in essa vedono importanti reperti storici provenienti da ere ormai dimenticate e costruiti da antiche popolazioni per antichi culti, altri invece vedono una specie di bizzarra costruzione postmoderna “sfogo” di qualche eccentrico architetto. Entrambe le considerazioni invece risultano errate.La struttura ha visto la luce nei primi anni del novecento e l’artefice dell’edificio è un unico minuto grande genio; il suo nome è Edward Leedskalnin. Egli, con la sola forza delle sue braccia e con l’ausilio di pochi rudimentali attrezzi come carrucole, corde, martelli e scalpelli ha estratto e scolpito più di 1.100 tonnellate di roccia corallina. Ancora nessuno tra scienziati ed ingegneri che hanno studiato e tuttora studiano il Coral Castle è riuscito a dare una spiegazione fisica sul metodo di costruzione usato da Leedskalnin; l’unica affermazione sul metodo di costruzione proviene dal costruttore stesso il quale affermò: “Ho scoperto i segreti delle piramidi. Ho trovato come gli egizi e gli antichi costruttori in Perù, Yucatan e Asia, unicamente con attrezzi primitivi, trasportarono ed eressero blocchi di pietra pesanti parecchie tonnellate.”

Una delle sculture più importanti e degne di nota è lo stesso portale di accesso alla struttura: il “Nine ton Gate”. Esso è costituito da un unico blocco di pietra corallina largo 2 metri, alto 2 metri e 30 cm, profondo circa mezzo metro e dal peso approssimativo di appunto 9 tonnellate. Questo incredibile monolito dista dalle pareti del castello esattamente 6 mm da ambo i lati.

Molti ingegneri e scienziati si sono recati sul luogo per cercare di capire come Ed abbia potuto trovare il baricentro esatto dell’enorme blocco di pietra. Esso è talmente ben equilibrato nel suo asse che anche un bimbo lo avrebbe potuto aprire con la semplice pressione del suo dito. Dico “avrebbe” perché oggi non è più cosi. Nel 1986 infatti, un gruppo di ingegneri e di scienziati rimossero il portale per compiere degli studi su di esso. Per rimuoverlo furono utilizzati 6 uomini ed una gru da 50 t. Una volta rimosso il portale fu scoperto che Ed centrò e bilanciò il pezzo di roccia da 9 t perforando perfettamente dall’alto al basso i 2,30 m di portale facendo passare attraverso di esso un’asta di ferro che poggiava su di un vecchio cuscinetto di un camion. In questo modo il portale poteva aprirsi ruotando sul proprio asse. Oggi solo un perforatore ad alta velocità laser-controllato potrebbe fare lo stesso lavoro.
Il Portale, equipaggiato con i nuovi cuscinetti, con l’albero sostituito, nuova lubrificazione ed una rilegatura dei pezzi di pietra con un adesivo particolare, fu rimesso al suo posto il 23 luglio 1986. Il risultato fu un duro colpo per i ricercatori e per i gestori del castello: il monolito non era più perfettamente equilibrato e perse definitivamente la sua capacità di ruotare anche per ore con una semplice spinta.

Giunti all’interno del castello si può notare, sulla destra, un’imponente torre quadrata provvista di scalini esterni che portano all’unico ingresso della torre posto quasi alla sommità di essa. All’interno della torre si può vedere l’abitazione vera e propria di Leedskalnin. Al centro della stanza è collocata una branda di cuoio e tutto attorno, per terra e appesi alle pareti, si possono trovare utensili da lavoro come martelli, scalpelli, corde ecc… Questa enorme struttura è composta da circa 243 tonnellate di roccia intagliata in giganteschi blocchi di pietra corallina pesanti dalle 4 alle 9 tonnellate ciascuno. Solo il tetto della torre è costituito di una trentina di blocchi ognuno da una tonnellata. Lampade ad olio e pozzi d’acqua fresca fornivano tutto il necessario per vivere in questa straordinaria struttura. Scendendo dalla torre, tornando al cortile, si può notare un piccolo altare che poggia sulla parete a sud. Esso è costituito da due blocchi di pietra corallina e il suo significato è tuttora un mistero.

Volgendo lo sguardo verso il vasto cortile si possono notare alcune sedie scolpite nella roccia. Ma una in particolare giunge immediatamente allo sguardo: si tratta di una enorme sedia a dondolo dal peso di una tonnellata. Ed scolpì la sedia su di un enorme blocco di pietra sotto il quale applicò due assi di roccia a cui diede una forma ricurva. Anche se l’intero risultato potrebbe sembrare decisamente scomodo, in realtà è incredibilmente equilibrato e riposante.

Accanto ad essa si possono trovare alcune sedie non a dondolo che assomigliano ad un salottino orientato al sole del mattino e a mezzogiorno. Ma queste strutture non sono le uniche ad avere un orientamento ed un significato celeste.

Osservando meglio il castello infatti si possono notare molte sculture rappresentanti lune, soli e pianeti del sistema solare tutti orientati a precise fenomenologie planetarie. Inoltre, accanto alle mura del castello, si può ammirare un enorme monolito alto 7,5 metri e dal peso di 30 tonnellate. Quasi alla sommità dell’enorme blocco di pietra si trova un foro che lo trapassa da parte a parte e all’interno del suddetto foro si possono intravedere due aste di ferro che si incrociano perfettamente al centro di esso quasi a rappresentare un mirino. Questo “mirino” centra esattamente la stella polare.

Questo rudimentale utensile astronomico chiamato appunto “Polaris Telescope” aiutò Ed a tracciare un diagramma raffigurante il percorso della Terra attorno al Sole e gli permise di costruire una meridiana molto precisa.

Essa è perfettamente calibrata al solstizio d’inverno e al solstizio d’estate rispettivamente il 21 dicembre e il 21 giugno. Essa è stata costruita in modo da poter segnare l’ora compresa tra le 9 del mattino e le 16 ovvero l’arco di tempo in cui, a detta del costruttore, un uomo dovesse lavorare. La precisione della meridiana è stupefacente: la larghezza di un pollice umano rappresentava 5 minuti con uno scarto di errore massimo di 1 minuto. Ovviamente questo straordinario strumento è tarato in modo da segnare l’ora solare.

Accanto alla meridiana si può osservare un fontana chiamata “Moon Fountain” proprio per la sua particolare composizione. Essa infatti è scolpita in tre pezzi di roccia corallina dei quali quello più a sinistra rappresenta il primo quarto di luna mentre quello a destra della fontana rappresenta l’ultimo quarto. La luna piena è rappresentata dalla fontana stessa dal peso approssimativo di 23 tonnellate. I quarti di luna invece ne pesano 18 ciascuno. Ed usò la fontana come stagno per i pesci in cui si potevano trovare, oltre ad essi, anche varie piante come i giacinti d’acqua, sicuro che i visitatori si sarebbero fermati ad osservarlo. La pietra corallina è una roccia molto porosa per cui Ed fu costretto a “rinforzare” la fontana con del cemento. Al centro della fontana Ed pose una stella a sei punte e alimentò il flusso d’acqua con una vecchia pompa situata dietro la fontana. Oggi la fontana è usata come pozzo dei desideri e il denaro raccolto in questo modo è devoluto in beneficenza.

Sulla parete a nord poi sono raffigurati i pianeti di Saturno e di Marte. Quest’ultimo è costruito accanto ad una pianta di Palmetto che sta a significare la credenza da parte dell’autore all’esistenza di vita sul Pianeta Rosso.

Molte altre sculture rappresentanti sistemi astronomici sono presenti all’interno del castello come ad esempio il cosiddetto “bagno degli uccelli” formato da tre cerchi concentrici rispettivamente di 3,15 metri, 1,5 metri e 46 centimetri di diametro. Essi rappresentano le tre principali suddivisioni del nostro Sistema Solare individuando Mercurio, Venere, Terra e Marte nel cerchio più piccolo ed interno, Giove Saturno e Urano nel cerchio medio e Nettuno e Plutone nel cerchio più esterno.

Rimanendo sempre nel versante nord del complesso, si può ammirare l’imponente obelisco in cui Ed scolpì le date più importanti della costruzione come la data di inizio dei lavori e la data dello spostamento dell’intero complesso da Florida City a Homestead e la propria data e luogo di nascita. In cima all’obelisco grande quanto il più imponente obelisco di Stonehenge, Ed scolpì un buco con la forma della stella della Lettonia suo paese natale.

Questo obelisco alto più di 8 metri e dal peso di 30 tonnellate è piantato saldamente al suolo in un buco di quasi 2 metri di profondità.

Il lato romantico di Ed è messo in evidenza dal tavolo chiamato “Feast of Love”. Esso è un tavolo a forma di cuore dal peso di circa 2 tonnellate. Sempre pratico anche nel romanticismo Ed pensò che mantenere a lungo dei fiori al centro del tavolo fosse un’impresa ardua. Risolse il problema ponendo al centro del tavolo un vaso di Ixora. Questa pianta messa dalle sapienti mani di Leedskalnin restò al suo posto, viva e vegeta per oltre 50 anni.

Un altro famoso tavolo di Ed, il “Florida State Table” lungo 6 metri e circondato da 10 sedie, fu scolpito nell’esatta forma e proporzioni dello Stato. Scolpito nell’angolo sud-orientale del tavolo c’e un bacino colmo d’acqua che rappresenta il lago Okeechobee. Esso poteva essere usato come boccia per le dita, bagno degli uccelli o boccia per il punch.

Una curiosità: egli immaginò la sedia a capotavola essere per il governatore della Florida e lui e tutto il resto dei senatori si sarebbero seduti li attorno per decidere di alzare le tasse.

Altra costruzione dedicata alla genialità di Leedskalnin. Questa volta però non si tratta di una scultura in pietra corallina bensì di una pentola a pressione. Ed, utilizzando una carcassa di una vecchia automobile, costruì una specie di barbecue che all’occorrenza, una volta inserito il cibo al suo interno, poteva essere chiusa ermeticamente fungendo da pentola a pressione. Ed la pose in una specie di camino in pietra corallina e ancor oggi a volte i bambini in gita scolastica vengono invitati ad arrostire hot dog nella sua pentola.

Flotte di ingegneri edili e di scienziati vengono attratti ogni anno dal Coral Castle per cercare di capire in che modo sia stata costruita quest’opera apparentemente impossibile. Ad esempio a metà degli anni settanta un gruppo di ricercatori vollero provare ad imitare Leedskalnin. Scolpirono e scavarono un blocco di pietra corallina dal peso di 30 tonnellate equivalente al grande obelisco all’interno del castello. Per trasportare il blocco si servirono di un bulldozer: il mezzo non riuscì nemmeno a sollevarlo.

Molte affascinanti teorie vennero formulate negli anni per cercare di dare una spiegazione quantomeno plausibile alla straordinaria opera del piccolo lettone.

Molti ricercatori o meglio “para”ricercatori ipotizzano che Ed abbia in qualche modo scoperto il funzionamento delle “World Grid” ovvero uno schema invisibile di linee energetiche circondanti la terra che concentrano grosse quantità di energia tellurica nei punti di intersezione. Quindi Ed avrebbe sfruttato l’energia dell’intersezione di queste linee per riuscire a spostare questi enormi blocchi di pietra. A questo proposito Ray Stoner, il ricercatore scrittore del libro “The Enigma of Coral Castle”, afferma che Ed non spostò il castello per la minaccia dell’espansione di Florida City bensì perché un fatidico errore di calcolo intercettò il punto focale dell’intersezione delle linee a 16 km dal punto in cui si trovava realmente. Per questo motivo il castello fu mosso da Florida City a Homestead, proprio per fare in modo che le strutture del castello massimizzassero le energie telluriche dell’incrocio delle linee energetiche.

Bruce Cathe, nel suo “The Energy Grid” uno dei più importanti libri del settore, afferma che “il sito “Coral Castle”, è matematicamente relazionato alla griglia energetica terrestre, come lo sono le altre importanti strutture antiche. Leedskalnin non ha spostato il tutto per caso. Questa posizione geometrica era estremamente vicina a un punto che potrebbe essere ideale per lo sfruttamento del moto armonico gravitazionale. Il fatto che egli abbia avuto accesso alle conoscenze segrete è molto più evidente nella relazione del Coral Castle col sistema di griglie energetiche mondiale.”

Stoner, nel suo libro, fa presente che per costruire il Coral Castle erano necessarie alcune condizioni particolari come il fatto di trovarsi esattamente in un vortice energetico esso stesso allineato con determinati eventi astronomici sufficientemente precisi da stabilirne con esattezza le ricorrenze periodiche. Inoltre l’opera dovrebbe avere una forma precisa e addirittura il materiale con cui è costituito ha una sua rilevanza.

Questi prerequisiti ricordano molto le formule teoriche e gli esperimenti compiuti sull’energia delle piramidi a metà degli anni settanta dove gli angoli di incidenza (varianti di 15,2 gradi) e i materiali con cui erano costituite (granito cristallino e calcare) ne determinavano il successo. Nel libro “Using Pyramid Power” lo scrittore James Wyckoff scrive: “Gli antichi egizi sapevano che la forma e l’angolo delle piramidi contenevano una mistica forza energetica”.

Molte tradizioni da ogni parte del globo menzionano fatti in cui venivano fatte levitare pietre molto grosse. Dalla Gran Bretagna ci giunge la tradizione in cui Merlino, in uno dei suoi viaggi in Irlanda, scoprì Stonehenge e decise di smontarlo pietra dopo pietra e trasportò ogni masso facendolo “fluttuare in aria” fino alla pianura di Salisbury. Gli isolani di Ponape nel Pacifico del Sud ricordano lo spostamento di un grosso monolito di basalto (la colonna di Nan Mandol) ad opera di due maghi che lo fecero fluttuare in aria.

Ipotizzando che la testimonianza dei ragazzini che videro Leedskalnin in azione sia vera, ovvero che videro blocchi di pietra corallina “fluttuare in aria come aerostati”, si potrebbe considerare il fatto che egli abbia veramente riscoperto le antiche tecniche di costruzione perse durante i secoli le quali sfrutterebbero le energie gravitazionali terrestri.

Nella seconda metà dell’ottocento John Worrel Keely, inventò una serie di macchine per sollevare in aria gli oggetti e disintegrare la pietra. Keely utilizzava il suono prodotto da strumenti musicali e propagato attraverso un filo metallico. Molti i testimoni dei suoi esperimenti: da Jules Verne a Thomas Edison, tanto da spingere i grandi finanzieri dell’epoca a costituire un’azienda, la Motor Keely, impegnando ben cinque milioni di dollari nell’impresa.
Keely rifiutò però di rivelare la natura della forza “eterea” utilizzata e il conflitto con i finanziatori, lo spinse, in preda all’ira, a distruggere parte di quanto aveva scoperto e creato. Morì povero e dimenticato.

Madame Blawatsky però gli riservò un intero capitolo del suo diario: sosteneva che al signor Keely era stato concesso il permesso di oltrepassare un limite, che aveva inconsciamente scoperto la terribile forza siderale atlantidea, chiamata Miscela o Mash Mak. Una forza talmente distruttiva che in possesso di un moderno Attila ridurrebbe l’Europa al suo caotico primitivo stato in pochi giorni e senza testimoni in vita.

Molti monumenti antichi emettono vibrazioni a bassa frequenza: dagli obelischi di Karnak, alla Grande Piramide di Giza. I monoliti di Stonehenge amplificano i suoni prodotti durante le cerimonie e le rovine di Tihauanaco in Bolivia mostrano intagli nelle colonne simili a diapason. Chichen Itza è una città Maya in cui l’eco si riflette da un angolo all’altro senza che si riesca a capir come sia possibile. mentre suono prodotto alla base della Piramide del Mago ad Uxmal, riproduce alla sua sommità una specie di cinguettio…

Sarà solo un caso, ma i vicini di Ed affermavano proprio di sentire un suono continuo durante le notti in cui lavorava: come una vibrazione molto molto bassa…

Testimoni oculari raccontano di aver conosciuto monaci tibetani in grado di sollevare e frantumare enormi blocchi di pietra, utilizzando il suono prodotto dai tamburi e dalle loro caratteristiche trombe lunghe tre metri. Parlano della leggendaria Levitazione Sonica. In tempi recenti è stato dimostrato che è possibile sollevare piccole pietre utilizzando vibrazioni sonore. Secondo i ricercatori non riconosciuti dalla scienza ufficiale, la forza di gravità attirerebbe le cariche positive e respingerebbe quelle negative, per una ragione ancora ignota. Gestendo la carica negativa della materia si potrebbe allora gestire la velocità, la direzione e la durata del “volo”.

A tal proposito Cathe asserisce che “in certe posizioni nel globo ci sono località dove le forze di gravità possono essere manipolate dalle applicazioni di certe armonie geometriche. Dove queste condizioni geometriche esistono, è evidentemente possibile per persone che hanno conoscenza nell’uso delle forze gravitazionali, costruire enormi edifici di materiale voluminoso. Stonehenge, le antiche piramidi, il tempio di Baalbek, e pure le piramidi in centro e sud America furono il risultato di una combinazione di conoscenze ed anomalie gravitazionali. Coral Castle, credo occupi una di queste posizioni.”

Nonostante la vasta quantità di studi e teorie formulate su questo complesso, nessuno è ancora riuscito a capire non solo i modi e i metodi di costruzione ma nemmeno il significato stesso dell’opera. A che scopo costruire questa enorme struttura? Per quale motivo Leedskalnin “sacrificò” vent’anni della sua vita nella progettazione e realizzazione dell’edificio? A queste e ad altre innumerevoli domande ancor oggi molti studiosi e ricercatori stanno cercando di dare una risposta.

Di certo un controverso e geniale scienziato che entrò in contatto con Ed era Nikola Tesla. Li accomuna l’avversione della Scienza ufficiale nell’interpretare i loro esperimenti e le lunghe notte solitarie passate dai due ricercatori a lavorare su esperimenti misteriosi e affascinanti in un America che non era la loro patria. Nato in Croazia, nel 1856, Nikola Tesla fu probabilmente uno dei più brillanti scienziati del Novecento. A lui si devono molte scoperte scientifiche, anche se non tutte gli vengono formalmente riconosciute: la corrente alternata, la prima stazione al mondo di energia idroelettrica, persino la radio.

La sua vita è stata una serie incredibile di trionfi scientifici, seguiti da un’altrettanta serie di personali disastri commerciali. Le poche opere che seppe portare a termine ancora oggi lasciano sbalorditi, come l’illuminazione a fluorescenza o la sismologia In una delle sue ultime lettere scrisse: “Provo continuamente un senso di profonda soddisfazione nell’apprendere che il mio sistema polifase viene usato in tutto il mondo per illuminare i momenti oscuri dell’esistenza, per migliorare la qualità della vita e per dare felicità alla gente in ogni angolo del mondo”. Il 7 Gennaio del 1943 Tesla morì come aveva vissuto: solo, povero e destinato all’oblio:l’FBI infatti requisì tutto il suo lavoro e lo secretò, dichiarandolo “TOP SECRET”

Oggi il Coral Castle attira turisti e curiosi da ogni parte del mondo rivelandosi come una delle opere architettoniche più straordinarie e misteriose del XX secolo.

Cronistoria

Edward Leedskalnin nacque a Riga in Lettonia il 10 agosto 1887.
Secondo la biografia di Joe Bullard, Waiting for Agnes, all’età di 26 anni Edward venne lasciato dalla fidanzata sedicenne Agnes il giorno prima delle nozze. In seguito alla profonda delusione cominciò a maturare l’idea di costruire un castello per fare colpo sull’amata. Iniziò così a viaggiare per l’Europa, il Canada e gli Stati Uniti in cerca di un luogo dove stabilirsi.
Dopo essere stato colpito dalla tubercolosi fu costretto a trasferirsi un una località dal clima mite, e giunse così in Florida nel 1918. Iniziò quindi la costruzione del suo castello nelle vicinanze di Florida City, dove aveva acquistato 10 acri di terreno.

Nel 1936 l’espansione edilizia portò alla costruzione di nuovi lotti edilizi nelle vicinanze della sua proprietà. Essendo Leedskalnin una persona molto riservata, decise di trasferirsi in un luogo più isolato. Passò così i successivi 10 anni a trasferire ciascuna pietra da Florida City alla località dove attualmente sorge Coral castle, ad una distanza di circa 16 km. In questa operazione fu aiutato da un amico che aveva un vecchio camion.

Nel dicembre 1951 Leedskalnin si ammalò. Incise su una roccia la frase “Going to the Hospital” (vado all’ospedale) e prese la corriera per la città (non aveva un’automobile, conduceva una vita molto semplice e si spostava in bicicletta). Morì pochi giorni dopo, il 7 dicembre. Gli era stato diagnosticato un tumore maligno allo stomaco.

Il castello fu ereditato da un nipote che nel 1953, poco prima della morte, lo donò ad una famiglia dell’Illinois.

Curiosità

Billy Idol scrisse ed incise il brano “Sweet Sixteen” e girò il video a Coral castle. Il brano è ispirato alla ragazza amata da Leedskalnin, Agnes Scuff, (a cui egli aveva dato l’appellativo “Sweet Sixteen”) che si ritiene essere il movente principale della costruzione della struttura.
Secondo Bullard, molti anni dopo la costruzione di Coral castle alcuni turisti Lettoni ne sentirono il racconto e contattarono Agnes per riferirle che Leedskalnin sperava ancora che lei capisse il suo amore. Avendo sentito la storia, Agnes rispose: “non ho voluto sposarlo quando ero sedicenne, e non voglio sposarlo ora”. Leedskalnin morì pochi anni dopo.

Pochi anni fa alcuni studiosi sono finalmente riusciti a rintracciare la “Sweet Sixteen”, trasferitasi in Olanda e ormai ottantatreenne. Dopo avergli a lungo parlato della meravigliosa opera di Ed e del suo amore ed averla invitata a visitare la meravigliosa costruzione lei rispose: “No grazie, non mi interessa”.

La storia di Coral Castle si chiude con un’ultima beffa del destino. Superati i 60 anni, Ed aveva dato segni di voler rivelare il segreto della sua costruzione. Sembra che avesse addirittura invitato alcuni amici stretti per il racconto finale. Era il 7 novembre del 1951. Ed andò a farsi controllare un piccolo dolore al Jackson Memorial Hospital. All’entrata del castello lasciò un cartello per gli amici con scritto: “Right Back”, torno subito. Ma Ed non torno né subito né mai più. Quel dolorino era un male al fegato che lo portò via per sempre, insieme al segreto del Castello di Corallo…